Il villaggio felice

C'era una volta un villaggio incantato in cui tutti gli abitanti vivevano sereni e felici.
Tutti contribuivano a rendere tranquillo l'ambiente e ogni problema veniva risolto insieme. Le preoccupazioni riguardavano su come abbellire il paese e attirare tanta bella gente.
Non c'era giorno in cui non comparisse una nuova opera o non ci fosse una manifestazione imponente.
Poi d'improvviso una nube nera invase tutto: niente rimase come prima e tutti gli abitanti diventarono tristi.
Quella nube in realtà era conseguenza di tante scelte scellerate che da qualche tempo in poi erano state fatte in paese. La responsabilità era condivisa e nessuno riusciva a trovare una via d'uscita. Quando qualcuno pensava ad un qualcosa di buono c'era sempre un altro che lo attaccava. In quel paese cominciò a regnare l'anarchia e la superbia. Ci si rese conto che quanto era successo non poteva dipendere solo dal recente passato, ma ci si era arrivati gradualmente e sebbene molti avevano capito la direzione intrapresa, faticavano a tirarsene fuori!
Quando tutto sembrava perduto...
Il tempo passava inesorabilmente, ma un bel giorno quella nube d'improvviso diminuì d'intensità. Gli scienziati del paese capirono che quel fenomeno straordinario non poteva durare più di un certo periodo. C'era però da fare tanto per risorgere da quel buio e serviva qualcuno che lo sapesse fare e che soprattutto non fosse stato colpito da quella nube nera. Non rimaneva che capire chi potesse condurre il villaggio verso una nuova epoca di splendore e serenità. Il tempo passa, ma ancora all'orizzonte nessuno per cambiare: troppi si sono lasciati immischiare nella nube!

Commenti

  1. Ora voglio la morale di questa bella favola. D.Marino

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  2. La morale?
    Dopo tanto buio quasi quasi nel villaggio ci si era fatta l'abitudine, ma pure al nero più nero prima o poi daremo luce.

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  3. di A.M.
    Argomento che stuzzica molto davvero e per un dissacratore, quale io mi sento d'essere, mi accingo a commentarlo con molto entusiasmo. Facendo un po di retorica voglio fare i complimenti per la diversità d'approccio ai disagi sottintesi e che ci riguardano, espressi in questo post. Fatta questa doverosa premessa parto dal "villaggio felice" immerso più nella nuvola dell'utopia che non in quella "nera" della realtà. I villaggi felici richiamano scenari Peterpanniani; come recita la canzone di Bennato la felicità "è un'isola che non c'è". Tutti vorremmo vivere sereni e felici ma per quanti sforzi facciamo ci riesce davvero difficile. Ci si chiede: come mai non riusciamo a concretizzare l'idea della felicità, della serenità, del benessere collettivo, dello stare insieme pacifico e democratico? Bella domanda.... Nella favola narrata, si parla di una comunità impegnata a costruire un ambiente quasi idilliaco e con molta perizia si riesce a realizzare molto o quasi tutto, di ciò che la gente di quel villaggio si era prefissato di costruire e ogni giorno rappresentava una conquista, basata proprio sulla quotidiana opera d'arricchimento poi, fatalmente, questo carosello si inceppa a causa di una nube scura che farà tribolare gli attoniti villeggianti che vedono il loro duro lavoro regredire, sbiadire, sgretolarsi per il calare di una nube scura; direi più di una "coltre opaca" per richiamarmi al poeta divino. Si la nube è sinonimo di errori e scelte errate che graveranno sui posteri e sulle generazioni postume, ma prima di addentrarmi in questo "dipanare la matassa" mi preme fare una sottolineatura: non è forse la sorpresa del costruire e veder completato ogni ideale che ci rende felici? ma come ogni novità che suscita gradevoli sensazioni e meravigliose aspettative, succede che il nuovo diventa vecchio e sorpassato, monotono e sgradito, povero e retrogrado. Si..la nube nera altri non è che l'inesorabile scadenza della novità. Tornando al bandolo della matassa ingarbugliata e svelando lo scenario sotto la coltre che ci appare nella sua totale tristezza, credo che i fantomatici scienziati menzionati abbiano intravisto la disgregazione della nube ma, contemporaneamente, la mancanza di prontezza di spirito degli abitanti nel reagire al momento propizio. Questo handicap non è che il frutto dell'inedia, dell'inoperosità, dell'adagiamento ad una forma mentis di lascivia collettiva tradotta nell'anarchia e nella superbia. Inoltre, quando le cose vanno male, si adotta una strategia davvero perniciosa quella del "mal comune mezzo gaudio" senza contare poi l'impossibilità ad esprimere concetti più progressisti e ricchi di creatività che possano creare nuove possibilità perchè, nel momento del parlare, c'è sempre chi ti blocca in partenza bocciando il tuo dire sul nascere in quanto, viene ritenuto "da fonte non attendibile"……contiunua

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  4. La nube si è diradata ma l'orizzonte appare offuscato e chi mai potrebbe guidarci verso una rinascita, verso una nuova epoca di splendori e serenità; sempre se questi siano mai esistiti o siano solo frutto di una esagerazione della tramandazione orale ancora viva. Va detto che la povertà ingenera sensazioni di contentezza perchè si può gioire davvero del poco, un povero è veramente felice davanti ad un tozzo di pane; questa sensazione è impossibile per un benestante. L'isola non c'è volendo dare ragione a Bennato, ma la coltre, la nube, il disagio, l'arretratezza, la sottocultura, l'inadeguatezza ci appartengono più che mai come in passato. Il nostro è un villaggio affossato dall'oscurantismo di chi crede di vederci chiaro, di chi tenta di fare chiarezza oscurando i sentimenti di perdono, di riscatto morale, di resipiscenza. In un villaggio si può vivere la serenità purché si voglia fare del prossimo la nostra ancora di salvezza altrimenti, non ci resta che la lapidaria esternazione di Martin Heidegger " solo un Dio potrà salvarci". Non abbiamo bisogno di vedere un nuovo orizzonte ma serve un vero e proprio “orizzonte” per chi guida a fari spenti nella notte, per chi delega e delegittima contemporaneamente, per chi crede di avere una visione sana e altruista mentre si specchia nell'acqua e prima o poi ci cade e s'affoga, per chi guarda il dito e non la Luna, per chi soffre di astenia mentale e crede di avere buone idee, per chi non ha ne fantasia ne logica, per chi vuole occupare un posto senza averne avuto merito; ecco la nube; mentre il villaggio felice non è mai esistito perché, abbiamo vissuto sotto la coltre dell'inadeguatezza del nostro vivere. La felicità è il riflesso della serenità, della lungimiranza, della capacità di saper dare un senso al nostro tempo. Una volta nel nostro villaggio regnava la povertà e la minaccia di una nube nera era lontana, anche se di solito " u cane azzicca sempre u sciancatu", oggi che regna un relativo benessere, ci si trova davanti ad una prospettiva davvero esasperante perché il benessere conquistato va custodito e questo implica più un apparire conservatorista che non un partecipare progressista A.M.

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