L'Arrovescio delle cose


Una bella chiacchierata, tante riflessioni importanti e un libro “Arrovescio” che hanno regalato una serata veramente speciale. “Arrovescio- Il senso delle cose”, questo il titolo dell’incontro  promosso dal Comitato civico “L’arco” per  presentare il libro omonimo e per riflettere appunto con la sua autrice, Francesca Chirico. A moderare la serata Vincenzo Marino che ha giocato sul senso di arrovescio cogliendo l’invito dell’autrice di dare il giusto verso alle cose così come è un po successo nella storia romanzata dello sciopero al rovescio verificatosi a Badolato. Una chiacchierata appunto in cui tra la Chirico e il moderatore si sono inseriti numerosi interventi dei presenti particolarmente stimolati dalla trama e dagli spunti che il testo fornisce. Arrovescio si è proposto come simbolo della testardaggine e della caparbietà dei calabresi, “che quando vogliono riescono a realizzare i propri sogni” e così invece di piagnucolare – ribadisce la Chirico- si ribellano a colpi di libertà e di dignità. La forma dialogica dell’incontro ha permesso sia al moderatore che all’autrice di interagire continuamente con gli stimoli provenienti dal pubblico che sono apparsi fin da subito motivanti e partecipi. “Racconto questa storia per recuperare la memoria e per dimostrare di cosa siamo capaci”- ha continuato a sottolineare l’ospite della serata, ribadendo a più riprese che appunto la memoria è l’approdo del suo romanzo. Arrovescio però è anche la metafora di chi vuole lottare, di chi vuole farcela nonostante tutto: “si tratta di una stagione tradita da cui viene fuori la Calabria di oggi che vuole farcela e deve farcela”.  L’auspicio di Francesca Chirico è stato allora proprio che la nostra terra non venga più tradita, ma che si vivano altre stagioni di libertà, di rinascita che però siano finalmente compiute, mettendo a fuoco la nostra identità e raccontando agli altri cosa siamo stati  e cosa siamo. Capacità di sognare, di gettare il cuore oltre l’ostacolo, di concretizzare e di costruire strade in salite senza paura, questi gli input che sono venuti fuori e che hanno reso l’incontro coinvolgente oltre ogni dire. Il sorriso, il ricordo, le considerazioni dei presenti poi hanno avuto la capacità di emozionare almeno quanto il testo e l’oratoria da “pasionaria” della Chirico: si è creato una miscela di storia, emozione e sogni che ad un certo punto si coglieva bene e che ha dato il senso delle cose! Inevitabile infine l’accenno all’impegno dell’autrice per il portale “stop ndrangheta”, un archivio multimediale nato per parlare in modo libero di  ndrangheta e di anti-ndrangheta. Vincenzo Marino poi ha chiuso chiedendo “chi è Francesca Chirico”, che così ha concluso: “mi percepisco come una cronista, vado in giro e poi racconto storie che rispettino la verità e anche le emozioni di chi me li ha consegnate. Sono una cronista prestata alla narrativa.” La cultura, Arrovescio, la Chirico e tutti i presenti hanno partecipato, si sono emozionati, hanno riflettuto: vuoi vedere che le cose si stanno “arrovesciando”!
                  da www.infooggi.it 

Commenti

  1. di A.M.

    L'iniziativa merita di sicuro delle lodi e di fatto, l'autrice ed il moderatore hanno ricevuto ampio consenso ma, a mio modo, credo che sia mancato un completo svisceramento del tema in questione. Volevo fare la mia parte durante il dibattito ma ho preferito riservarmi uno spazio a freddo perchè, l'eccessiva tendenza emersa ad approvare, mi avrebbe visto come unica voce fuori coro. Troppo spesso, noi pentonesi, ci autodefiniamo latori di cultura ma a mala pena riusciamo a lambirla. Presentare questo lodevole lavoro della Chirico assimilandone i contenuti e sposandone i principi di lotta non penso proprio sia un fatto culturale ma, piuttosto, un mix di idealità, di presa di posizione di rivoluzione se vogliamo ma non di certo come fatto prettamente culturale se non per il riflesso intrinseco che ne è emerso. Parlare di lotta, senza darne ampia visione, non può che ricondurci a fatti di conquiste riferite a diritti, a valori, a dimensioni determinati come il lavoro, la libertà in ogni sua espressione ma approvare la lotta, nella fattispecie, significa solo schierarsi e se non la si approva produce lo stesso effetto e sempre di schieramento si tratterà. Ora la mia breve critica che voglio ribadire in questo contesto piuttosto che nella sala consiliare, prende le mosse dalle vicissitudini del popolo badolatese a cui si è dato più un taglio partigiano che non un più ampio respiro. A scanso di equivoci voglio sottolineare l'importanza della determinazione a non subire passivamente gli eventi limitanti ma sempre nella giusta misura. Si parla di lotta per conquistare il futuro attraverso il progresso ma, non si tiene conto che ognuno di noi lotta sia personalmente sia comunitariamente. Si lotta per il bene comune come si lotta per il bene personale perchè, in fondo, lottare per il popolo significa averne vantaggi anche per se stessi. La storia narrata e romanzata vede un singolo proprietario che nega il suo avere per il bene di tutti ma, mentre si da enfasi alla lotta dei 200 badolatesi che voglio fare una strada per facilitare lo scambio con i paese limitrofi, non si da importanza alla lotta del proprietario che si oppone a tale intento perchè, anche don Antonio ha lottato per la sua causa. In 200 si schierano contro uno; 200 vogliono ciò che un singolo non intende dare e nessuno dice, tantomeno la Chirico, che quel singolo lotta per difendere le sue sudate conquiste; non solo non ci si schiera nella lotta di don Antonio ma, addirittura, lo si dipinge come un despota, come un anti-progressista, come un oscurantista del diritto di un popolo e nessuno ribadisce che quel signorotto lottava per difendere il sudore della propria fronte. continua sotto.......

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  2. seg di A.M.

    Se fossi intervenuto per prima cosa avrei detto: “il singolo si oppone perché possiede e deve cedere il suo posseduto, il popolo che non possiede vuole disporre del bene altrui”. Questa è la cruda verità delle cose, che poi bisogna rovesciare gli eventi per portare un cambiamento è anche necessario ma sempre nella giusta misura perché chiunque possiede, troppo spesso si trova vittima di chi non possiede ed entrambi lottano per affermarne i principi di riflesso. Gli intervenuti hanno ribadito l’importanza del progresso e si sono richiamati ai principi di lotta e di sogni che guidano i popoli in cammino ma con grande delusione non ho potuto notare, nell’esposizione, che spesso chi ha lottato e ha sognato ha anche coronato le sue fatiche ma quest’ultime vengono raggiunte e superate dalla voglia di lotta e dei sogni delle nuove generazioni quasi fosse una sorta di riciclo storico di vichiana memoria come Vincenzo aveva menzionato ma forse non azzeccando appieno il riferimento; don Antonio a sognato e lottato per la sua terra; i 200 lottano e sognano per il progresso ma chi dei due contendenti ha ragione? L’evento in questione non lo voglio intendere come fatto culturale ma più come apertura politica, come scossone per chi non pensa di vivere in uno stato di quiescenza ma tutto questo è molto lontano da quella auspicata rivoluzione culturale che non abbiamo mai iniziato. Per concludere dico che la Chirico ha pubblicato una bella storia-romanzo ma qualcuno deve anche averla sostenuta in tale intento e mentre noi pentonesi ci onoriamo di ospitarla, non ci prefiggiamo lo stesso obbiettivo e questo a dimostrazione che la cultura ci appartiene solo di striscio.

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