LE LUMINERE TRA PASSATO E PRESENTE


La tradizione a Pentone fa rima con Festa della Madonna: devozione, pietà popolare, pellegrinaggio, cunfrunta e luminere. Se per molti elementi di questo rito celebrativo si sono sprecate le analisi e le interpretazioni, delle luminere invece spesso si da tutto per scontato senza tenere in debita considerazione la loro evoluzione. Da quando sono nate infatti  probabilmente come bivacco dei pastori che durante le celebrazioni erano ancora sui monti o ancora come fascine di rami fronzuti in segno di festa, oggi mantengono da una parte il fascino dell’antico mentre dall’altra hanno subito un’inevitabile evoluzione. E’ noto che esse venivano già accese nei primi anni dell’ottocento e addirittura la Procura pagava le giornate che si impiegavano per fare la “frasca” che poi sarebbe servita per l’accensione. Per molto tempo la pratica di pagare coloro che si occupavano dei tre giorni dedicati alle luminere è proseguita, questo probabilmente anche perché si ritenevano molto faticose da realizzare e piuttosto impegnative. Solo con Don Erminio Pinciroli si è cercato invece di mantenere questa tradizione favorendone però il passaggio da un’attività a pagamento almeno per alcune sue parti, ad un’attività del tutto volontaria. Da allora infatti si sono creati dei gruppi, ognuno responsabile della “propria” zona di accensione, che si preoccupano della pulizia del percorso e della loro migliore visibilità. Se fino al 1922 si accendevano fascine di rami o di ginestra, successivamente è diventata abitudine ancora in uso quella di accendere grossi batuffoli di nafta appesi ad un filo che corre per chilometri sulle montagne. I volontari che organizzano l’intero rito si preoccupano persino di dare una certa distribuzione a questi batuffoli, proprio per questo da qualche tempo si è studiata una loro distribuzione a circa dieci metri l’uno dell’altro. Lungo il percorso poi compaiono anche una M stilizzata su un traliccio elettrico e una croce. I volontari che occupano le zone laddove sono presenti la M e la croce ne curano anche la visibilità. Dietro a tutto questo ci sono però ancora altre pratiche le più importanti delle quali sono la “nascita” del batuffolo, il suo cospargimento di nafta e poi la distribuzione. Per quanto riguarda i batuffoli alias “pupattoli” essi vengono formati con il materiale che tutti i pentonesi conservano a tale scopo e che  al momento opportuno tirano fuori. Ormai da qualche anno sono i giovani che presso il vecchio forno tagliano le varie stoffe e le compattano a forma di palla dando vita appunto ai batuffoli. Al mercoledì della Festa i “pupattoli” vengono immersi nella nafta e lì lasciati per almeno una giornata. Soltanto pochi anni or sono poi il batuffolo prima della consegna doveva essere strizzato a mano a dovere. Oggi invece tale tecnica è cambiata: i batuffoli si immergono in dei grossi contenitori e ivi si mescolano con la nafta. L’indomani con l’ausilio di una pompa elettrica vengono prosciugati così da evitare scoli pericolosi durante l’accensione. Dopo queste delicate fasi si provvede alla spartizione dei batuffoli a circa venticinque per zona e poiché è sempre più abituale la pioggia a disturbare le tre serate di accensione, si consegnano ai vari responsabili anche delle buste con cui eventualmente impermeabilizzarli. Poi finalmente il meraviglioso spettacolo del giovedì, del venerdì e del sabato. Centinaia di persone festanti sulle montagne fin dalle prime ore del pomeriggio si riuniscono in banchetti prima dei due botti e dello spegnimento degli “archi” in paese che danno il via all’accensione. Le luminere oggi come ieri, tra tradizione ed evoluzione rappresentano un rito nel rito che sta alla Festa come la Madonna di Termine sta a Pentone.

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