Intervista a Giovanni Verga

Oggi vorrei proporvi un'altra bella intervista che ha però qualcosa di strano. Forse qualcuno pure riderà di fronte alla proposta di questo blog, ma kultura per me significa anche creatività e intraprendenza. Il sogno di ogni giornalista è realizzare un'intervista ad un personaggio famoso, io ci sono riuscito...
Per spaziokultura oggi abbiamo un personaggio speciale, uno degli autori più importanti della letteratura mondiale, Giovanni Verga.

Grazie della disponibilità intanto, volevo farle alcune domande...
Perfetto, sono a tua disposizione: era tanto tempo che avevo voglia di parlare e non potevo farlo!
In realtà per lei hanno parlato le sue opere.
Quando ho scritto alcune di esse, non avrei mai immaginato che potessero avere una tale risonanza. Pensavo di poter realizzare opere complete che rispecchiassero la mia concezione della vita e della storia, ma non capolavori come oggi sono considerate.
Non sia modesto: tutti, quando scrivono pensano di aver fatto un bestseller.
Certo, anche io nutrivo questa speranza, che nell'ottocento non si chiamava bestseller, ma semplicemente successo di pubblico. Ho sempre cercato di dare il meglio nella convinzione che solo in questo modo si fa bene.
Lei è nato a Catania, ma per seguire la sua vocazione letteraria si trasferì a 25 anni a Firenze. Fu proprio necessario?
Non lo so. Nella mia terra ero nato e cresciuto. Avevo provato a pubblicare un primo volumetto, "I carbonari della montagna", ma lo feci a mie spese. Quando mi sono trasferito a Firenze, ho incontrato un altro grande siciliano, Luigi Capuana, cui mi legai da una profonda amicizia. Quest'incontro fu determinante per la mia formazione e maturazione artistica. Se fossi rimasto a Catania? Non lo so proprio, anche se probabilmente non avrei avuto la possibilità di frequentare numerosi artisti e letterati.
La vera svolta però la vive con il trasferimento a Milano e con l'incontro con la contessa Maffei.
In effetti è proprio così. La contessa manteneva una fitta corrispondenza con i maggiori letterati del nostro paese e il suo salotto era frequentatissimo. E' in questo periodo che il rimanticismo va in crisi e si comincia ad avvertire la necessità di un nuovo modo di scrivere.
Si avvicina quindi al Naturalismo...
I maestri riconosciuti di questa corrente erano Balzac, Flaubert, Zola, De Maupassant. Nel mio piccolo ho condiviso l'urgenza di rilfettere sul vero. Gli umili della mia terra d'origine divennero allora la dimensione perfetta per la mia maturazione artistica.
Il suo verismo però non fu solo miseria umana, ma scoperta della vera essenza del vivere.
Continuo a distanza di quasi due secoli ad esserne ancora convinto. Nel dolore dell'esistenza più vera si possono cogliere i caratteri fondanti della nostra vita!
Nelle sue opere il linguaggio aderisce profondamente con il mondo descritto.
Volevo che la lingua delle mie storie fosse anche l'espressione del mondo che intendevo descrivere. Il linguaggio diviene man mano religione della casa, della famiglia, dell'onore.
Quale sua opera scriverebbe ancora se ne avesse la possibilità?
Se potessi rifarei esattamente quello che ho già fatto compreso le mie opere. Spero solo che tra tanti problemi la società in cui tu vivi si ricordi sempre che la verità si trova nell'essenza della vita.






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